Vivian Maier

Talentuosa fotografa ma non di professione, anche se rimasta nascosta, il talento fu comunque scoperto.

«Sono una sorta di spia»

Rinata come Van Gogh

Puramente un Hobby

Vivian Maier viveva la sua vita normalmente, priva di interesse verso la popolarità e la fama fotografica, per lei la fotografia era pura passione e passatempo.
Creava scatti con un ottima composizione come per gioco, una pura passione cresciuta col tempo, la sua fotocamera la aiutava molto in questo.

Rolleiflex 3.5

La sua fidata fotocamera era una Rolleiflex 3.5, e per le sue continue fotografie giornaliere era fatta su misura per lei, la grande particolarità di questa macchina è la lente situata in alto, permettendo cosi a Vivian di tenere la fotocamera ad altezza del torso (spesso tenendola appesa con una tracolla per tenerla pronta in posizione) così da richiedere solo l’abbassamento dello sguardo per vedere cosa si sta fotografando.

A Vivian Maier interessava la vita, non prendeva di mira degli obbiettivi precisi per i suoi scatti, lei andava avanti con le sue giornate e fotografava ciò che la inspirava o ciò che lei vedeva.
Fotografava momenti nelle città, eventi rari o anche estremamente comuni, tanto da essere ignorati da altri, come l’incontro di una bambola in un cestino.
Fotografava la vita dei cittadini di ogni tipo, che fossero bambini che giocavano o con i genitori, che fossero operai in pausa o a lavoro o che fossero donne in auto o in strada, tutto per lei aveva uno scopo e un valore visivo.

Vivian fu scoperta e resa popolare grazie a Jhon Maloof, un ragazzo che in cerca di alcuni negativi si ritrova ad acquistare molte fotografie di Vivian Maier, iniziando cosi la sua grande ricerca su di lei.
Se questa popolarità sia un miracolo è incerto, dato il poco interesse che Vivian aveva per la fama, ma un talento come il suo è sprecato se non apprezzato.

Moira Ricci

l’affronto del lutto con un viaggio nel passato


20.12.53 – 10.08.04

Nascita e morte

L’artista si ritrova ad affrontare la perdita improvvisa della propria madre, e decide di affrontare il lutto visitandola a modo suo

Moira Ricci raggruppa una serie di vecchie fotografie della madre e incomincia a inserire se stessa all’interno di esse attraverso l’editing.

Attraverso Photoshop, Moira ricci si auto inserisce all’interno delle vecchie foto della madre, mimetizzandosi il più possibile nel contesto in modo da sembrare “reale”.
Cerca di utilizzare i vestiti più simili alla moda della foto, si posiziona nella posa più naturale e utilizza la illuminazione che renda Moira più plausibile e richieda il meno editing possibile per l’inserimento.
Moira non cerca attenzioni inserendosi in queste fotografie, ma al contrario, è lei che con uno sguardo perenne rivolto verso sua madre cerca le attenzioni che non può più ricevere.


Cristina Nuñez

La cura via autoritratti, la valorizzazione della vita e l’importanza del processo.

Una donna forte e coraggiosa, stata in grado di rialzarsi e trasformare un passato tragico in arte e passione.

«El autorretrato me desenganchó de la heroína»

To hell and back

Pubblicato nel 1997, To hell and back fu un progetto a cui nuñez lavorò ancora prima di scoprire di avere origini ebree, é un libro fotografico con foto dell’olocausto affiancate ai ritratti dei sui sopravissuti.


Someone to love

Un unione degli autoritratti scattati da Cristina Nuñez
assieme a foto di famiglia e collegamenti alla sua vita.

The Self-Portrait Experience

Un metodo di Nuñez sviluppato nel corso degli anni con l’obbiettivo di esplorare la propria persona e condividerla con il mondo.

«The existing separation between art and therapy is intolerable.»